Il nostro modo di pensare e di prendere decisioni è spesso influenzato da bias cognitivi, ovvero da errori sistematici che causano valutazioni sbagliate. In ambito legale, questi bias possono avere un impatto negativo sull'imputabilità e sull'errore giudiziario. La ricercatrice Cristina Scarpazza del Dipartimento di Psicologia Generale dell'Università di Padova ha spiegato il fenomeno in occasione del quinto convegno di Psicologia Giuridica organizzato dalla Fondazione Bulotta.
L'essere umano è soggetto a distorsioni cognitive inconscie che possono impattare sulle conclusioni a cui giunge in tema di imputabilità e sulla decisione del giudice. Questo perché il giudice si affida molto anche al consulente tecnico che può essere influenzato dalle stesse distorsioni cognitive.
I bias possono essere delle osservazioni o delle conclusioni. Nel primo caso, abbiamo dei casi in cui clinici, periti e consulenti della Difesa e del Pubblico Ministero durante la perizia vedono lo stesso paziente, ma lo descrivono in modo talmente differente che sembra che stiano parlando di tre persone differenti. Nel secondo caso, i bias sono a livello delle conclusioni. Ad esempio, nel caso del terrorista norvegese Anders Breivik, nonostante tutti i clinici coinvolti abbiano riconosciuto gli stessi sintomi, questi sono stati interpretati in modo differente e non sono giunti a conclusioni diagnostiche univoche.
Anche in Italia, nel caso del delitto di Bolzano, abbiamo riscontrato il bias delle conclusioni. Dodici esperti hanno condiviso la stessa descrizione dei sintomi e la stessa diagnosi, ma non erano d'accordo sulla rilevanza della diagnosi per l'espressione dei vizi di mente.
Secondo gli studi condotti dall'Università di Padova, nella stragrande maggioranza delle perizie psichiatriche, i bias si collocano a livello delle osservazioni. Tuttavia, anche in scienze considerate più oggettive, come la neuroradiologia, l'effetto dell'informazione contestuale può influenzare l'interpretazione dei dati.
Esistono strategie che consentono di ridurre al minimo i bias cognitivi nell'ambito legale. Ad esempio, adottare un approccio multidisciplinare che affianchi il colloquio clinico a una tempistica psicopatologica, neuropsicologica e biologica (come la risonanza o i test computerizzati) può ridurre la possibilità di errori logici e rendere più difficile supportare un'ipotesi diagnostica contraria.
L'essere umano è soggetto a distorsioni cognitive inconscie che possono impattare sulle conclusioni a cui giunge in tema di imputabilità e sulla decisione del giudice. Questo perché il giudice si affida molto anche al consulente tecnico che può essere influenzato dalle stesse distorsioni cognitive.
I bias possono essere delle osservazioni o delle conclusioni. Nel primo caso, abbiamo dei casi in cui clinici, periti e consulenti della Difesa e del Pubblico Ministero durante la perizia vedono lo stesso paziente, ma lo descrivono in modo talmente differente che sembra che stiano parlando di tre persone differenti. Nel secondo caso, i bias sono a livello delle conclusioni. Ad esempio, nel caso del terrorista norvegese Anders Breivik, nonostante tutti i clinici coinvolti abbiano riconosciuto gli stessi sintomi, questi sono stati interpretati in modo differente e non sono giunti a conclusioni diagnostiche univoche.
Anche in Italia, nel caso del delitto di Bolzano, abbiamo riscontrato il bias delle conclusioni. Dodici esperti hanno condiviso la stessa descrizione dei sintomi e la stessa diagnosi, ma non erano d'accordo sulla rilevanza della diagnosi per l'espressione dei vizi di mente.
Secondo gli studi condotti dall'Università di Padova, nella stragrande maggioranza delle perizie psichiatriche, i bias si collocano a livello delle osservazioni. Tuttavia, anche in scienze considerate più oggettive, come la neuroradiologia, l'effetto dell'informazione contestuale può influenzare l'interpretazione dei dati.
Esistono strategie che consentono di ridurre al minimo i bias cognitivi nell'ambito legale. Ad esempio, adottare un approccio multidisciplinare che affianchi il colloquio clinico a una tempistica psicopatologica, neuropsicologica e biologica (come la risonanza o i test computerizzati) può ridurre la possibilità di errori logici e rendere più difficile supportare un'ipotesi diagnostica contraria.