Ogni anno i genitori condividono online una media di 300 foto riguardanti i propri figli e prima del quinto compleanno ne hanno già condivise quasi mille. Questi dati emergono da uno studio italiano pubblicato sul Journal of Pediatrics dell'European Pediatrics Association. Questo fenomeno si chiama "sharenting" e corrisponde all'abitudine dei genitori di condividere online contenuti multimediali riguardanti i propri bambini. Ma cos'è che spinge gli adulti a farlo e perché questa è una tendenza sempre più in espansione?
Pop News ha parlato con Chiara Maria Brambilla, psicologa e psicoterapeuta, per capire le motivazioni dietro questa tendenza. "Sicuramente condividere pezzi della propria vita è ha ritorno personale in termini di riconferma di appagamento. I bambini suscitano tenerezza, suscitano riconoscimento e quindi in questo modo vengono utilizzati per appagare questo bisogno di riconferma dei genitori. Ricevere delle attenzioni, ma attraverso la vita di fatto del figlio, non propria. Non dimentichiamoci però che i figli, per quanto figli, non appartengono ai genitori. Questa cosa spesso si dimentica perché un figlio è una persona a sé stante. È ovvio che nel momento in cui sei genitore bisogna fare tutta una serie di scelte per i figli, però dovrebbero essere mirate al riconoscere qual è il bene di quel singolo individuo, di quella persona, non solo in quanto figlio di quel genitore. E questo condividendo continuamente rischia di perdersi e di non tutelare l'individuo in quanto tale".
Tuttavia, non sono pochi i pericoli che si nascondono dietro il pubblicare online e sui propri social contenuti sensibili riguardanti i propri figli. "Innanzitutto nel momento in cui mettiamo online qualunque foto, non appartiene più solo alla persona che la scatta, ma diventa proprietà di quel canale, di quel social network e non sappiamo in definitiva quale potrà essere l'uso. Senza togliere poi il rischio di hackeraggio. Gli hacker entrano anche nei profili chiusi, perché spesso si sente dire 'vabbè ma io ho condiviso solo con gli amici', però le foto possono venderle, farle finire in mani sbagliate, quindi creando un business, facendole andare in mano anche a un giro di pedofili.
Pop News ha parlato con Chiara Maria Brambilla, psicologa e psicoterapeuta, per capire le motivazioni dietro questa tendenza. "Sicuramente condividere pezzi della propria vita è ha ritorno personale in termini di riconferma di appagamento. I bambini suscitano tenerezza, suscitano riconoscimento e quindi in questo modo vengono utilizzati per appagare questo bisogno di riconferma dei genitori. Ricevere delle attenzioni, ma attraverso la vita di fatto del figlio, non propria. Non dimentichiamoci però che i figli, per quanto figli, non appartengono ai genitori. Questa cosa spesso si dimentica perché un figlio è una persona a sé stante. È ovvio che nel momento in cui sei genitore bisogna fare tutta una serie di scelte per i figli, però dovrebbero essere mirate al riconoscere qual è il bene di quel singolo individuo, di quella persona, non solo in quanto figlio di quel genitore. E questo condividendo continuamente rischia di perdersi e di non tutelare l'individuo in quanto tale".
Tuttavia, non sono pochi i pericoli che si nascondono dietro il pubblicare online e sui propri social contenuti sensibili riguardanti i propri figli. "Innanzitutto nel momento in cui mettiamo online qualunque foto, non appartiene più solo alla persona che la scatta, ma diventa proprietà di quel canale, di quel social network e non sappiamo in definitiva quale potrà essere l'uso. Senza togliere poi il rischio di hackeraggio. Gli hacker entrano anche nei profili chiusi, perché spesso si sente dire 'vabbè ma io ho condiviso solo con gli amici', però le foto possono venderle, farle finire in mani sbagliate, quindi creando un business, facendole andare in mano anche a un giro di pedofili.