La chiusura del divertimento

Secondo le istituzioni non fanno parte né del modo dello spettacolo né di quello del turismo dove si collocano quindi i parchi divertimento e come stanno affrontando la crisi?  

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Il settore dei parchi divertimento è tra quelli che maggiormente hanno sofferto la pandemia da Covid-19, rimanendo escluso dai sussidi previsti per il mondo dello spettacolo e del turismo. È quanto emerge dalle parole di Massimiliano Freddi, CEO di Wonder Wood e docente di Tim Parks and Nutrition Management all'Università di Milano, intervistato da Pop Economy. Freddi spiega come i parchi divertimento non rientrino in nessuna delle due categorie, nonostante abbiano decine di punti ristoro, negozi e diverse maestranze, dalla manutenzione alla ricerca e sviluppo.

Il risultato è una situazione di gravissima crisi per il settore, con molti parchi che non hanno aperto e altri che hanno subito un calo vertiginoso di visitatori, fino al 70%. A fronte di un fatturato minore del 100% e di un'occupazione minore del 92%, molti parchi italiani di proprietà familiare hanno dovuto cedere la propria attività a grandi gruppi stranieri.

Si tratta di un settore importante, che da solo è visitato da quasi un italiano su due ogni anno, e che dà lavoro a oltre 25.000 persone, ma che è stato costretto a fermarsi e a lasciare a casa migliaia di lavoratori, senza poter usufruire della cassa integrazione.

Nonostante tutto, Freddi si dice ottimista per il futuro del settore, poiché nella storia degli ultimi 100 anni, uno dei primi settori a ripartire dopo gravi crisi è sempre stato quello del divertimento e del tempo libero. Inoltre, i clienti dei parchi divertimento continuano a dimostrare un forte legame affettivo con le strutture, segno del ruolo sociale che esse hanno nella comunità. Tuttavia, è importante che il settore venga messo alle condizioni di sentirsi protetto, altrimenti finirà in altre mani e "non parlerà più la nostra lingua."

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