Nel 1914 in Italia viene introdotta la censura cinematografica, un meccanismo di controllo dei contenuti che nel corso del tempo ha assunto diverse forme. Inizialmente basata su un controllo morale, religioso e politico, la censura ha avuto poi principalmente lo scopo di proteggere il pubblico. Sebbene oggi la censura dei film sia stata abolita, nel corso degli anni molti capolavori sono stati ostacolati dalle sue rigide regole.
Per comprendere meglio la censura cinematografica, ci avvaliamo dell'aiuto del critico cinematografico e rettore dell'Università IULM di Milano, Gianni Canova. Secondo Canova, non esiste una definizione universale di censura, poiché ogni società e cultura ha modalità diverse di gestirla. Tuttavia, ciò che accomuna tutte le forme di censura è la pretesa di un potere che decide per tutti cosa è possibile e giusto vedere, leggere o ascoltare, intervenendo anche con provvedimenti molto violenti.
Negli anni '60, in un'Italia più coraggiosa rispetto ai giorni nostri, la censura si scatenava su tre tematiche: il sangue, il sesso e la religione. Film e libri che affrontavano queste tematiche venivano ostacolati e talvolta proibiti, poiché erano considerati indigesti e antagonisti dai censori.
Uno degli intellettuali più colpiti dalla censura fu Pierpaolo Pasolini, il cui film "La Ricotta" del 1963, che raccontava la crocifissione di Cristo, gli causò una condanna a sei mesi di carcere per vilipendio alla religione di Stato. Canova ricorda che in quegli anni la censura colpiva pesantemente, soprattutto quando si toccavano argomenti legati alla religione o al pudore.
Negli anni '70, il film "Ultimo tango a Parigi" di Bernardo Bertolucci scatenò uno scandalo tale da essere letteralmente condannato al rogo. La scena del burro fu considerata offensiva. Marlon Brando pronunciava un duro monologo contro la famiglia, accusandola di essere l'origine di ogni male e violenza nella società.
Negli anni seguenti, molti film e opere d'arte continuarono a essere censurati, ma la censura ora si sposta sempre più sul web. I social media sono diventati terreno fertile per la censura, anche se spesso passa inosservata.
Per comprendere meglio la censura cinematografica, ci avvaliamo dell'aiuto del critico cinematografico e rettore dell'Università IULM di Milano, Gianni Canova. Secondo Canova, non esiste una definizione universale di censura, poiché ogni società e cultura ha modalità diverse di gestirla. Tuttavia, ciò che accomuna tutte le forme di censura è la pretesa di un potere che decide per tutti cosa è possibile e giusto vedere, leggere o ascoltare, intervenendo anche con provvedimenti molto violenti.
Negli anni '60, in un'Italia più coraggiosa rispetto ai giorni nostri, la censura si scatenava su tre tematiche: il sangue, il sesso e la religione. Film e libri che affrontavano queste tematiche venivano ostacolati e talvolta proibiti, poiché erano considerati indigesti e antagonisti dai censori.
Uno degli intellettuali più colpiti dalla censura fu Pierpaolo Pasolini, il cui film "La Ricotta" del 1963, che raccontava la crocifissione di Cristo, gli causò una condanna a sei mesi di carcere per vilipendio alla religione di Stato. Canova ricorda che in quegli anni la censura colpiva pesantemente, soprattutto quando si toccavano argomenti legati alla religione o al pudore.
Negli anni '70, il film "Ultimo tango a Parigi" di Bernardo Bertolucci scatenò uno scandalo tale da essere letteralmente condannato al rogo. La scena del burro fu considerata offensiva. Marlon Brando pronunciava un duro monologo contro la famiglia, accusandola di essere l'origine di ogni male e violenza nella società.
Negli anni seguenti, molti film e opere d'arte continuarono a essere censurati, ma la censura ora si sposta sempre più sul web. I social media sono diventati terreno fertile per la censura, anche se spesso passa inosservata.