Medici in fuga

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Migliaia di medici, infermieri e operatori sanitari sarebbero pronti ad abbandonare il sistema sanitario nazionale nei prossimi 5 anni. Si tratta di un numero allarmante che denuncia una vera e propria emergenza. Secondo Silvia Movio, direttrice di Hunters, ci sarebbero più di 20.000 medici distribuiti tra posti di pronto soccorso, reparti ospedalieri e medicina generale. Questi numeri si sommano ai più di 7.000 infermieri che hanno già lasciato il nostro paese, scelti da molti soprattutto negli ultimi dieci anni. La situazione è grave sia in termini occupazionali che di sanità del paese, che ormai si perpetua da almeno una decina d'anni.

Ma quali sono i fattori che determinano una così frequente fuga di cervelli? Ci sono molteplici ragioni, ma sicuramente quella di cui si sente parlare di più è di natura economica. Gli infermieri e i medici italiani infatti hanno gli stipendi più bassi rispetto a tutto il resto d'Europa. Un infermiere di corsia in Italia percepisce uno stipendio netto di circa 1.400 euro, che solo dopo anni e diverse ore di lavoro si può aggirare intorno ai 2.000 euro netti. In altri paesi europei, come Francia, Spagna, Belgio e Svizzera, gli stipendi base sono molto più elevati, arrivando fino a €3000 netti mensili.

Non solo denaro, ciò che manca sono anche contratti stabili e il divario tra pubblico e privato alimenta il malcontento. Solo un medico o un infermiere su dieci ha un contratto a tempo indeterminato in Italia, il resto vive in una situazione di precariato. Inoltre, esiste una problematica di natura contrattuale che rende ancora meno stabile la presenza e l'essere effettivamente coinvolti all'interno di una struttura ospedaliera.

Infine, un motivo culturale: una mentalità che non valorizza queste figure professionali. Parliamo di figure altamente qualificate di primaria importanza che vivono turni massacranti, rendendo difficile la gestione del lavoro e della propria vita. Questo è un problema che purtroppo non è incancrenito, ma che si acutizza da diversi anni.

Eppure esiste una controtendenza: una piccola percentuale di professionisti che sceglie di tornare nel nostro paese. Ci sono dei dati positivi a seguito della riforma legata all'incentivazione del rientro dei cosiddetti cervelli, ovvero delle figure professionali di persone che si erano trasferite all'estero. Nonostante sia ancora difficile dare una stima precisa, si registrano i primi dati positivi iniziando a vedere qualcosa che si muove all'interno e non all'esterno.

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